«Mi chiamo Larry Udeogu. Faccio la guardia del corpo, ovvero fornisco close protection, CP. Faccio anche cose belle con queste mani, non solo robe da bodyguard. Conclusa la mia esperienza militare, sono arrivato in Italia nel 2011. Da subito mi sono trovato a lavorare alla sicurezza nei locali o come road manager, una funzione che include la protezione fisica e la logistica.
Non so bene se a Milano il mio lavoro sia più per un reale bisogno di sicurezza o piuttosto per lo status del cliente. Talvolta esiste la necessità di un vero bodyguard, ma per molti è una questione di show, di apparire importante agli occhi degli altri.
Per come va la Milano di oggi, dal mio punto di vista non posso dire che siamo in un contesto molto tranquillo. Ai VIP serve, serve sempre un bodyguard professionista. E non solo come deterrenza, ma in funzione di rischi bassi, medi o alti. I clienti possono essere artisti famosi, cantanti, politici: per mantenere la privacy, o per stare più tranquilli e concentrati, ingaggiano me.
In tal senso, il mio lavoro non si limita a fare la faccia feroce per intimidire le persone, ma incorpora anche varie esigenze, come il controllo degli spostamenti e la gestione del team e della famiglia del cliente. È una cosa che serve. E poi c’è anche chi mi esibisce per vantarsi: va bene così, polemica inutile.
A Milano trovi spesso qualcuno che pone una qualche minaccia, “morbida” o seria. Un cantante va in un locale? Salta fuori il fanatico, lo stalker, quello che rovina tutto: c’è anche gente pronta a farti male. Un bodyguard efficiente non va a creare guai, ma li previene garantendo la comfort zone del cliente.
Comunque sia, pratico boxe e arti marziali (dal taekwondo al Krav Maga): in una situazione di minaccia ci sono mosse che puoi usare, efficaci e veloci. Qui in Italia, però, per non passare dalla parte del torto, bisogna usare più la testa che le mani.
Di colpi ne ho ricevuto tanti, ma ho saputo incassare prima di picchiare. È equilibrio, equilibrio sempre. Zen.»
Taccuino antropologico di Alberto Salza
La sicurezza è un disvalore, in quanto affronta le conseguenze, non le cause della paura; privilegia la durezza, quando invece la gentilezza è un’arte marziale da combattimento. Come scrisse Jacques Ellul: «La nostra non è affatto l’età della violenza: è l’età della consapevolezza della violenza». Nel contesto milanese, la funzione di una guardia del corpo che conosce bene il mestiere è l’interposizione psicofisica e la prevenzione attiva del conflitto o del disturbo. Poi, se le cose vanno storte, si torna a Mike Tyson, ex campione mondiale dei pesi massimi: «Sul ring, tutti hanno un piano, finché non si prendono un pugno in faccia».